Ho fumato, molte spesso, il Toscano, con Umberto Bossi, nel giardino della Camera, durante le pause Pranzo.
Con Umberto già colpito duramente dall'ictus.
Le prime volte, rivolgendosi alla sua bravissima assistente, che lo accompagnava ovunque, facendo un impercettibile segno verso di me, le chiedeva: chi è?
Con quella voce cavernosa resa ancora più grave e faticosa dalla malattia.
Era difficile parlarci.
Non perché lui aveva difficoltà a parlare. No.
Perché, e ti capita solo quando hai di fronte un grandissimo, perché lui ti guarda e in base allo sguardo capisci subito di aver detto una stupidaggine.
Cioè, è un confronto che ti tiene sempre al limite di te stesso. Capisci che non ci eri arrivato. Dove lui è arrivato. Lampi, alcune volte raccolti in uno sguardo, in una sillaba.
Cervello formidabile.
Che il male non aveva sconfitto.
Anzi, la malattia aveva accelerato ciò che era già veloce.
Ciò che prima riusciva a sintetizzare con una invettiva, adesso, con una accelerazione pazzesca, lo riassumeva in un gesto, in una parola, o due.
Non sono mai stato un fan di Umberto Bossi.
Al contrario. Durante la fine della Prima Repubblica.
Ma la prima volta che l'ho incontrato alla Camera, beh, mi fa fatto un grande effetto.
Sentivi di avere di fronte un pezzo di storia.
Lo sentivi.
Di uno che ha sfidato i giganti.
Arrivando vicinissimo alla vittoria.
Fu fermato dalla Procura di Milano, anche lui, dopo aver pensato di poterla utilizzare a suo favore. Commettendo il primo grande errore della sua vita.
Quella storia si può sintetizzare così: la Prima
Repubblica era nelle sue fasi finali, stanca dopo 50 anni di potere, Bossi l'aveva scossa con minacce truculente ma anche con battaglie intelligenti, come il federalismo. Ci poteva essere una via politica al cambiamento. Alla riforma del sistema.
Poi sono arrivati i magistrati, che con la sponda degli sconfitti della storia, post comunisti e post fascisti, hanno imposto una via giudiziaria alla fine della Prima Repubblica.
Una via disastrosa.
Umberto lo sapeva, l'aveva capito, scuoteva la testa, con il sigaro in bocca.
Craxi? L'hanno fottuto. Mi diceva.
E poi con lo sguardo, mi voleva dire una cosa, tipo, credo… " hanno fottuto anche me".
Penso io. Mi pareva di capire.
Salvini? Eh, Salvini, sorrido al ricordo del suo sguardo.
Lasciamo stare.
Sergio Pizzolante
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