Estate, tempo di vacanze, di sole, di mare o di montagna. E tempo anche di cocktail: se ce sono di tutti i gusti, più o meno alcolici, innovativi e alla moda o legati alle tradizioni. Ma quest'anno estate vuol dire anche campagna elettorale, sotto gli ombrelloni. "Senza rompere troppo le scatole" agli italiani, come qualche leader di partito si è raccomandato parlando ai suoi colleghi. Il pensiero fisso è lì, al 25 settembre, che deciderà le sorti del Paese per i prossimi anni.
La novità di quest'estate è un nuovissimo cocktail, la cui ricetta prevede ingredienti da calibrare con maniacale precisione. Guai a sbagliare il dosaggio. La ricetta è questa: 59% Dem, 24% Azione, 13% Si-Verdi, 4% Di Maio. Un cocktail buono, si sa, richiede ingredienti giusti ma anche la sapiente mano del barman. E qui viene il difficile: gli ingredienti sopra menzionati non devono assolutamente essere shakerati, altrimenti si rovina tutto e... addio drink.
Non è un'operazione semplice, come si intuisce subito. Il cocktail è stato ideato da un barman d'eccezione, Enrico Letta. Ma, va da sé, l'impresa è davvero difficile. Tenere insieme tutti questi ingredienti senza amalgamarli tra di loro è possibile? Apparentemente no, a meno che non si utilizzi qualche trucco da prestigiatore. In questo caso non ci sarebbe da parlare di drink bensì di illusioni (e trucchetti del mestiere).
Se Pd e Azione hanno siglato un patto, trovando un'intesa per presentarsi insieme alle elezioni condividendo un programma (basato sull'apprezzamento della cosiddetta agenda Draghi), con le altre forze politiche è solo il partito di Letta ad aver trovato un accrocchio. Perché altrimenti non si può definire l'accordo elettorale (e solo elettorale) che prevede di spartirsi la candidature nei collegi uninominali (dove vince chi prende più voti) secondo una meticolosa suddivisione (vedi ricetta del cocktail indicato sopra). Il Pd ha quindi stretto la mano ai Verdi e a Sinistra Italiana, e poi anche a Di Maio e Tabacci, e con ognuno di loro ha trovato un'intesa numerica (quanti posti/candidature assegnare), senza alcun accordo programmatico. Se per ipotesi questa ricetta dovesse trovare il favore della maggioranza degli italiani, il giorno dopo non avremmo una maggioranza pronta a governare. Semplicemente per una ragione: non vi sarebbe alcun collante sule cose da fare e non fare.
Letta tutto questo lo sa bene, non è uno sprovveduto. Ma fa finta di non pensarci. L'importante, ora, è non shakerare. Poi si vedrà...
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