Calenda non sia un bluff
Perché Calenda non mi convince.
Dov'è l'errore? Secondo me.
Non solo per l'ego smisurato. No.
Non mi convince perché non è politica.
È spettacolo, teatro, rappresentazione di se.
Ottima rappresentazione.
D'altronde, da quel mondo viene.
Calenda mette in scena se stesso.
La sua bravura (è stato il miglior ministro degli ultimi 20 anni), i suoi studi, i suoi libri, la sua dialettica. Poi? Poi stop!
Visione? Costruzione? Alleanze? No!
Nulla che sia fuori di se.
A fuoco chi è intorno a se. Chi è più vicino. Culturalmente. Chi frequenta gli stessi teatri. Più o meno.
Cioè, vuole fare un polo riformista, liberale, usando il lanciafiamme contro chiunque è riformista e liberale che però non si sia ancora calendizzato.
Iniziò dal più grosso: Matteo Renzi.
Attenzione, il giudizio su Renzi non ha alcuna importanza in questo ragionamento.
Iniziò bombardando Renzi, che l'aveva fatto ministro.
Poi decise che per far diventare riformista il Pd c'era una unica soluzione: che il Pd si sciogliesse per confluire nel movimento di Calenda. E questo dopo aver preso la tessera del Pd e i voti del Pd per fare l'Europarlamentare.
Era indeciso, poteva forse candidarsi anche per +Europa. Decise di no. Rischioso. Poi voleva anche il partito della Bonino sciolto dentro Calenda. E quando quel partito non raggiunse il quorum alle Europee, quel giorno stesso, il generoso Calenda, eletto nel Pd, attaccò, con ferocia, + Europa.
Adesso sbeffeggia Giorgetti. Un bluff, dice. Dopo che Giorgetti si espresse (con generosità) a suo favore per le elezioni a Roma.
Minchiona la Carfagna, Giorgio Gori, Marco Bentivogli. Tutti potenziali partners di un progetto più grande. Ma che non sono nelle tasche o nei camerini del piccolo mattatore.
Anche a Roma.
Lista unica, con nome unico: il suo.
Grande successo.
Perché è bravo, ma fortunato, anche.
Gli altri attori in campo facevano ridere.
Però, insomma, è one man show.
Con buone alleanze televisive.
Spettacolo, teatro.
Solo questo. Al momento.
Spero non sia l'ennesimo bluff.
Vorrei sbagliarmi.
Sergio Pizzolante