Della questione giustizia, e della sua anomalia, dopo il fallimento del referendum di qualche mese fa, nessuno vuole parlare. Eppure, come il convitato di pietra, essa si ripresenta. Tanto per cambiare nella sinistra. Conte, infatti, candida alle parlamentarie un gran numero di magistrati. In quanto cittadini, essi detengono il diritto all'elettorato passivo, ma in nessun paese democratico, salvo forse qualche Stato sudamericano, risulta un così elevato numero di giudici attivi in politica, come in Italia. Quando una categoria importante di funzionari è così presente nella sfera pubblica, il problema si deve porre, almeno da un punto di vista di sociologia politica. E se non è una grande novità (alzi la mano chi non ha mai candidato magistrati), lo è ora per i 5 stelle. Che sono sempre stati iper giustizialisti, anzi diremmo ferocemente manettari, ma mai avevano candidato dei pubblici ministeri. Benché ora siano diventati più pacati, le loro posizioni sulla giustizia sono rimaste conservatrici. Se non possiamo più definirli manettari, come ai tempi di Di Battista, certo ora i grillini sembrano un partito dei giudici, o almeno di una loro parte. Il Pd, stavolta, non ne ha candidati. Ma che sia animato da una visione profondamente giustizialista, lo vediamo da alcune esclusioni eccellenti: Luca Lotti, espulso dalle liste non tanto in quanto renziano, quanto perché rinviato a giudizio per l'inchiesta Open, come indirettamente ha ammesso lui stesso. E, crediamo la stessa ragione vi sia dietro l'esclusione dell'ex presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella. Il quale, dopo tre anni di calvario giudiziario, che lo costrinse a dimettersi, lo scorso anno è stato prosciolto da tutte le accuse. Prosciolto uguale innocente? Sì, esattamente come un rinviato a giudizio. Innocente fino a prova contraria. Ma nel Pd sembrano ragionare al contrario: il rinviato a giudizio sembra essere un presunto colpevole e il prosciolto un reo che l'ha fatta franca. Da un lato i 5 stelle, un partito carico di pm, dall'altro un Pd ritornato pienamente giustizialista: non sarà che, dovessero perdere le elezioni, invece di condurre un'opposizione nel merito, essi cominceranno ad agitare eventuali vicende giudiziarie contro il governo? La favola di Esopo ci spiega che la natura dello scorpione non cambia: punge a morte la rana. Aspettiamoci perciò di assistere ancora a lungo all'anomalia della giustizia. A meno che un governo di centrodestra non voglia finalmente risolverla.
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