Lo show sembrava essere arrivato a conclusione dopo l'inciucio tra Partito democratico e Azione, ma la sinistra sta continuando a portare avanti un teatrino che restituisce l'immagine di una coalizione in preda al panico totale. Le divergenze sono profonde e i personalismi hanno un ruolo primario, eppure il fronte rosso cerca a tutti i costi l'ammucchiata per evitare il trionfo del centrodestra. Sullo sfondo però rimangono pesanti spaccature e veti incrociati. In tutto ciò il Pd è inquietato da un possibile strappo.
Le condizioni di Si-Verdi
Al momento Sinistra italiana e Verdi hanno messo in congelatore l'accozzaglia: i due partiti non si riconoscono nell'accordo tra Enrico Letta e Carlo Calenda, non lo reputano vincolante nei loro confronti. E, soprattutto, non ne condividono il merito: l'agenda Draghi e la realizzazione di impianti di rigassificazione sono i punti su cui emergono le principali distanze, che a questo punto sembrano assai difficili da risanare.
La sensazione è che si stia andando sempre più verso la rottura, ma Sinistra italiana e Verdi non hanno ancora chiuso definitivamente la porta al Partito democratico. L'intesa è ancora possibile solo se verrà accettata una condizione ben precisa. "Se c'è una rinegoziazione ci possono essere le condizioni per un accordo", ha avvertito Angelo Bonelli dei Verdi.
A sinistra si sono affrettati a cantare vittoria, ma non hanno fatto i conti con le richieste di Si-Verdi. Anche ieri mattina hanno posto l'attenzione sulla necessità di controbilanciare la loro presenza e il loro peso nella coalizione: il ragionamento è che Azione ha ricevuto un peso elettorale che potrebbe non corrispondere a quello reale.
"Domani (oggi, ndr) sarò a Roma tutto il giorno", ha dichiarato Enrico Letta. Un modo per lanciare un segnale a Sinistra italiana e Verdi, che però hanno preferito prendersi un momento di riflessione per valutare le prossime mosse e le scelte da compiere. La porta è stata lasciata aperta anche da Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana: "Anch'io sarò a Roma". Dunque in giornata potrebbe esserci un vertice Pd-Si-Verdi o quantomeno un contatto telefonico.
Il veto di Calenda
Ecco però che arriva puntuale il veto di Carlo Calenda, che aveva garantito di mettere da parte le polemiche e di lavorare per unire la coalizione. La promessa di sotterrare l'ascia di guerra è durata giusto qualche ora. Infatti proprio ieri sera su Twitter è arrivata la stoccata che chiude a un nuovo compromesso: "Fratoianni e Bonelli chiedono a Enrico Letta di rinegoziare il patto sottoscritto ieri. Non c'è alcuna disponibilità da parte di Azione a farlo. L'agenda Draghi è il perno di quel patto e tale rimarrà. Fine della questione".
Parole dure da parte del leader di Azione, che ha sbattuto la porta in faccia alla possibilità di rivedere alcuni passaggi dell'accordo siglato con il Pd. Tra l'altro Calenda ha ammonito Fratoianni per aver votato contro l'allargamento della Nato a Svezia e Finlandia: "Atlantismo, supporto all'Ucraina, anche bellico, sono pilastri valoriali tanto nostro quanto del Pd".
Letta è terrorizzato
Non può passare inosservato il grande timore provato da Enrico Letta. Il segretario del Partito democratico ha giurato di spendersi fino alla fine per tentare di costruire una coalizione allargata il più possibile. Nei fatti un minestrone di partiti, sperando che la somma di sigle e centrini possa bastare contro il centrodestra. A cosa è dovuta tanta ansia? Dai sondaggi che continuano a premiare l'asse tra Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia.
Ma c'è di più. Come scrive Domenico Di Sanzo su ilGiornale in edicola oggi, è spuntata una simulazione di Youtrend che ha fatto scattare il panico: se Sinistra italiana e Verdi si alleassero con il Movimento 5 Stelle per via dell'accordo tra Pd e Azione/+Europa, il centrosinistra rischierebbe di perdere 14 collegi uninominali (9 alla Camera e 5 al Senato). Da qui la mossa della disperazione di Letta.
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