Guai a pungolare il Partito democratico o rischiate di ricevere una bella tirata d'orecchie da parte di Romano Prodi. Il professore ha pensato di sgridare Movimento 5 Stelle e Azione per l'atteggiamento adottato in questa campagna elettorale: l'ex presidente del Consiglio si è infastidito per gli attacchi rivolti da Giuseppe Conte e Carlo Calenda all'indirizzo del partito guidato da Enrico Letta. Da qui il richiamo: basta prendersela con il Pd, rivolgete le vostre invettive altrove. Come se i dem dovessero essere esentati dal ricevere sferzate politiche.
L'attacco a M5S e Azione
Così Prodi, nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha espresso forte rammarico per il comportamento di M5S e Azione. Forse l'ex premier sogna già un inciucio subito dopo il voto, allargando il più possibile l'accozzaglia di sinistra per evitare di far governare il centrodestra. Altrimenti non si spiegherebbe una presa di posizione così infastidita: "Questi continui attacchi al Pd da parte di 5 Stelle e Calenda sono irragionevoli, ma soprattutto politicamente incomprensibili".
Il professore ha denunciato un "accanimento" da parte di chi considera il Partito democratico "come l'unico nemico". E senza pensarci troppo l'ha definito un "atteggiamento surreale, postmoderno". Il tutto accompagnato da uno sfogo non indifferente, sintomo dell'insofferenza provata in questo travagliato momento politico che il fronte rosso sta attraversando: "Ma dov'è la ragione? Non pensano anche al loro futuro? Che ritorno possono avere in un Paese con una maggioranza assoluta di destra? È questo il loro disegno?".
La lezioncina di Prodi
L'uscita di Prodi sembra curiosa, ma in fin dei conti non lo è più di tanto. In sostanza critica Movimento 5 Stelle e Azione (due potenziali alleati del Partito democratico) per gli attacchi a Enrico Letta, come se rinfacciare errori e sbandate al Pd fosse in automatico un'operazione riservata ai partiti di centrodestra. Evidentemente l'ex presidente del Consiglio vuole evitare litigi interni a sinistra, ma la verità è che Letta non è riuscito a fare da federatore: sognava un campo largo e alla fine è rimasto solo con i partitini come Verdi-Sinistra italiana, +Europa e Impegno civico di Luigi Di Maio.
"Letta ha un modo serio di affrontare le questioni ed è costretto a lottare in un contesto e in un Paese che non sembra voler ascoltare spiegazioni, ma solo slogan", ha dichiarato Prodi. Che forse necessita di un aggiornamento sulla strategia del Partito democratico: in realtà è proprio la sinistra ad agire tramite slogan, agitando lo spauracchio del ritorno del fascismo e demonizzando il centrodestra.
È lo stesso Letta che ha avviato una campagna elettorale basata sugli slogan, così come dimostra la comunicazione sui social tramite grafiche che puntano a polarizzare il dibattito tra rosso e nero, tra buoni e cattivi: da una parte "lavoro sottopagato, no vax, combustibili fossili, discriminazioni"; dall'altra "salario minimo, scienza e vaccini, energie rinnovabili, diritti". Professor Prodi, questi non sono slogan spiccioli?
Pensandoci però non possiamo pretendere un monito, in tal senso, dell'ex premier al Partito democratico. D'altronde è lo stesso Prodi che, mentre si lamenta dell'uso degli slogan, ricorre all'utilizzo delle solite teorie contro il centrodestra: "Se il centrodestra dovesse raggiungere i suoi obiettivi, questo porterebbe a una democrazia meno liberale. A un Paese che non tiene conto del futuro". Nulla di nuovo, il solito ritornello della sinistra tra patentini e doppiopesismo.
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