È difficile ricordare nella storia della Repubblica un'elezione in cui uno dei contendenti a 20 giorni dalla chiusura delle urne abbia alzato bandiera bianca. Eppure nella campagna elettorale che Enrico Letta ha condotto in un mese e mezzo, volontariamente o meno, ha lanciato questo messaggio subliminale. In fondo se punti non a governare il Paese ma ti accontenti di essere il partito di maggioranza relativa (prima fase della campagna elettorale del Pd) trasmetti una sensazione di resa all'elettore. Come pure se chiedi un voto per evitare che il centrodestra stravinca e possa cambiare con quei numeri la Costituzione (seconda fase) al cittadino che deve scegliere nell'urna dai la sensazione che i giochi siano fatti e che hai solo paura di subire una batosta storica.
La verità è che il segretario del Pd in queste elezioni le ha sbagliate davvero tutte. La sua campagna ormai non si svolge sullo scenario nazionale, ma in quello ben più angusto del suo partito: Letta ha già rinunciato a governare il Paese, semmai punta ad evitare di perdere dopo le elezioni pure la leadership del Pd. Al punto che l'atmosfera elettorale non è ancora entrata nel vivo e lui già accampa scuse per motivare l'insuccesso e lancia accuse. Rinfaccia a Matteo Renzi quella stramba legge elettorale che è il Rosatellum ma dimentica che in un'intera legislatura, con i 5stelle schierati per il proporzionale, il Pd non è riuscito ad approvarne un'altra di diverso segno. Letta aveva teorizzato il campo largo e alla fine si ritrova a correre da solo senza un alleato a destra (Azione), né a sinistra (i grillini) e visto che il 33% dei seggi si distribuiscono con il sistema maggioritario è, ovvio, che se una coalizione resta unita e tutti gli altri si dividono non c'è partita. E per salvare il salvabile reitera le vecchie campagne del tempo che fu, il pericolo fascista, di oggi, il putinismo, di sempre, l'autoritarismo. In un alzar di toni sempre più regressivo. Beccandosi pure il rimbrotto della Ue che ha tenuto a precisare che non si specula sui risultati delle elezioni dei Paesi dell'Unione.
Poi ci si meraviglia o ti becchi l'accusa di essere di parte, se scrivi che la vera competizione si gioca tutto nel campo del centrodestra. Non sono i sondaggi a dimostrarlo quanto la mentalità – e il terrore – con cui la sinistra si avvicina al voto. Per cui la scelta è tra chi tra i partiti del centrodestra vuole che il profilo del futuro governo abbia l'imprinting della destra, populista o sovranista poco importa; e chi, invece, preferisce che il proprio voto garantisca un esecutivo più attento all'Europa o ai valori liberali. Da qui non si scappa. La scelta però, appunto, avviene tutta nel recinto del centrodestra – è qui il paradosso – per gli errori e l'inettitudine della sinistra. In fondo Berlusconi, Meloni e Salvini dovrebbero ringraziare per la probabile vittoria proprio Letta. Sembra uno scherzo, ma c'è molto di vero.
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