Nelle oltre seicento pagine dell'ordinanza di custodia cautelare emessa a metà luglio dal gip di Latina nei confronti di 52 soggetti nell'ambito dell'inchiesta "Free Beach", che ha portato all'arresto del sindaco di Fratelli d'Italia, Roberta Tintari, e di diversi funzionari del comune di Terracina, compare anche il nome di Giorgia Meloni. A chiamare in causa la leader di Fratelli d'Italia è un tale "Augusto", di cui non vengono fornite le generalità, il quale la accusa indirettamente di aver interesse a sostenere un'azienda di Ostia nella gara d'appalto per l'affidamento di una concessione demaniale nel comune pontino. Un particolare rimbalzato su tutti i giornali, assieme alla rievocazione dei fantasmi di Mafia Capitale.
Dopo che il tribunale del riesame ha inficiato questo e altri capi d'imputazione, però, sulla vicenda si sono spenti i riflettori. In sintesi, dalle intercettazioni emergerebbe che il bando per la concessione di un'area demaniale della città fosse stato "cucito su misura" dall'allora sindaco Nicola Procaccini, europarlamentare di Fdi ed ex portavoce proprio della Meloni, per una società, la The Spot di William Zanchelli, nota per aver messo in piedi lo skate park più grande d'Europa in una delle zone più disagiate di Ostia. Zanchelli non è esattamente un uomo di destra, né si può definire un simpatizzante di Fratelli d'Italia. Nel 2013 è stato candidato alla regione in una lista civica a sostegno del governatore Nicola Zingaretti, che nel febbraio dello stesso anno visitò di persona lo skate park, esaltandolo come un presidio di legalità contro degrado e abbandono.
Cosa c'entra Giorgia Meloni? Quando era ministro della Gioventù fece tappa anche lei a The Spot, come del resto hanno fatto più di recente anche la ministra per le Politiche Giovanili Fabiana Dadone, l'ex sindaca Virginia Raggi e il ministro Luigi Di Maio, in occasione della riapertura del parco. Tanto basta però ad Augusto per affermare che l'azienda fosse una sorta di "sponsor" per Fratelli d'Italia ad Ostia. Ma per capire meglio bisogna fare un passo indietro all'ottobre del 2019. Lo skate park di Ostia è stato chiuso per abusivismo edilizio e Zanchelli chiede a Procaccini, all'epoca sindaco di Terracina, se fosse interessato ad ospitare la struttura nella sua città. Lui accetta e lancia un bando pubblico per l'assegnazione di un'area demaniale, al quale però partecipa anche un'altra azienda, la M.E.A. Consulting.
Si crea una commissione e alla fine entrambe le ditte, M.E.A. Consulting e The Spot, vengono escluse per mancanza dei requisiti. Si parla di turbativa di gara sulla base delle intercettazioni. Ma una successiva sentenza del Tar del Lazio del gennaio 2020 respinge il ricorso presentato dalla M.E.A. Consulting dopo l'esclusione, avallando di fatto l'operato dei funzionari messi nel mirino dalla procura di Latina. "Le accuse poggiano sulle dichiarazioni di una persona, Augusto, della quale non viene indicato nemmeno il cognome, che chiaramente attacca me e Giorgia Meloni con lo scopo di appoggiare l'altra società. Possibile che i pm e il gip, di fronte ad accuse così gravi, non si siano posti neppure il problema di sapere chi fosse questo tizio?", si interroga Procaccini.
"La risposta – continua - la posso fornire direttamente io: si tratta di un consigliere comunale di opposizione che all'epoca era in carica e che è stato sospeso nel 2021 dopo una condanna in primo grado per istigazione alla corruzione, possibile che gli inquirenti non lo sapessero e che le sue parole vengano prese per oro colato?". Secondo l'ex sindaco coinvolto nell'inchiesta (uno dei due capi di imputazione a suo carico è stato inficiato dal riesame) le sue parole sono state riportate proprio per arrivare a colpire i vertici del partito. "Non si è mai visto che delle affermazioni di tale gravità vengano fatte pronunciare ad un soggetto di cui non si conosce neppure l'identità, è chiaro – attacca – che questo passaggio sia strumentale a gettare fango su Giorgia Meloni, in un momento particolarmente delicato della vita politica nazionale".
Ma il problema, secondo Procaccini è più profondo: "In questa inchiesta non si parla mai di tangenti o utilità personali ma della ricerca del consenso politico considerata alla stregua di una controprestazione illecita, un precedente pericoloso per la nostra democrazia".
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