"Vuole consegnare il fascismo alla storia? Allora tolga la fiamma del Movimento Sociale Italiano dal simbolo", è il disco rotto che da giorni imperversa in casa del Pd, utile solo per continuare a dipingere Giorgia Meloni come una pericolosa eversiva di destra.
Poco importa che lei, negli scorsi giorni abbia diffuso un video in cui condanna esplicitamente (e non è nemmeno la prima volta) il fascismo. Poco importa che lei sia diventata presidente del partito dei Conservatori e dei Riformisti europei a cui, tra l'altro, non aderisce né il movimento di Vitkor Orbàn né quello di Marine Le Pen e nemmeno i tedeschi dell'Afd. Ma non solo. La Meloni è spesso ospite della convention del Gop, il partito Repubblicano americano che fu di Ronald Reagan e dei Bush e che certamente non può essere tacciato di fascismo solo perché ora è guidato da Donald Trump. Insomma, vista l'impossibilità di criticare la Meloni a livello internazionale se non con accuse che rasentano il sessismo come quella dell' "incipriarsi" per apparire gradevole alle cancellerei europee, al Pd non resta che attaccarsi a un logo. Ma, a sinistra, qualcuno si prendesse la briga di approfondire la storia del Movimento Sociale Italiano, scoprirebbe che tante leggende che ruotano attorno alla fiamma sono solo leggende, appunto. Cesco Giulio Baghino, fondatore del MSI insieme a Giorgio Almirante, intervistato dal giornalista Nicola Rao, nel libro 'La fiamma e la celtica' che ripercorre gli inizi dei post-fascisti italiani, spiega così l'origine del simbolo del partito:"L'idea della fiamma tricolore come simbolo fu di Almirante. Inizialmente il simbolo del MSI era soltanto la fiamma tricolore, senza il trapezio sottostante. L'idea del trapezio ci venne dopo, per poter trovare uno spazio alla dicitura 'Msi'. La storia che il trapezio rappresenti la bara del Duce si diffuse dopo, ma non era nelle nostre intenzioni iniziali. Anche la diceria per la quale la sigla del Msi volesse dire 'Mussolini sei immortale' è una delle tante leggende nate nell'ambiente, ma non risponde al vero".
Premesso questo, senza andare così indietro nel tempo, resta valido il fatto inconfutabile che la Meloni ha iniziato a far politica agli inizi degli anni '90 e, quindi, sì, non ha nulla a che vedere col fascismo. E poco importa se la Meloni abbia aderito fin dalla sua nascita a quella Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini che fece i conti col proprio passato con il Congresso di Fiuggi del 1995. No, l'importante, per il Pd è poter continuare a fare 'l'esame del sangue' al proprio avversario politico per conoscere il suo presunto livello di fascismo. Eppure Enrico Letta si è recentemente confrontato ben volentieri con la Meloni in vari eventi pubblici perché faceva comodo che lei fosse riconosciuta come l'avversario da battere in funzione anti-Salvini. Ora che lei ha il vento in poppa, spegnere la fiamma di FdI è divenuta la nuova priorità di un Pd che ha deciso di puntare tutta la sua campagna elettorale su un pericolo che non esiste, quello fascista.
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