Eraclito usava la locuzione panta rei, tutto scorre, per sintetizzare la sua visione sul tema del divenire, dei cambiamenti, dei flussi continui e delle alternanze. Ai tempi, però, Eraclito non poteva immaginare che qualcuno 2500 anni dopo avrebbe incarnato la negazione della sua filosofia. Tutto scorre, tranne Piero Fassino in Parlamento.
L'ex sindaco di Torino, pur nel caos interno al Partito democratico scatenato dalla compilazione delle liste, pur con il taglio del numero dei parlamentari che diminuisce non poco i seggi a disposizione, pur con ben sei legislature alle spalle (dal 1994 ad oggi, interrotte solo dall'intervallo di 7 anni in cui fu primo cittadino del capoluogo piemontese) e pur con l'intenzione dichiarata da Enrico Letta in Direzione nazionale di voler inserire volti nuovi, è riuscito anche stavolta ad ottenere una candidatura.
Il Pd l'ha piazzato al secondo posto nel proporzionale del collegio di Venezia per la Camera dei Deputati, alle spalle di Rachele Scarpa. Se l'è vista brutta, visto che intorno al suo nome in molti avevano espresso non poche perplessità e soprattutto considerato che il plurinominale in Emilia Romagna, il posto che nel 2018 Matteo Renzi gli riservò per riportarlo a Montecitorio, stavolta era rimasti chiuso a doppia mandata dal governatore Stefano Bonaccini in persona.
Il mantra anti-paracadutati "prendi i voti a casa tua", però, Fassino alla fine è riuscito ad evitarlo comunque. Nel plurinominale di Torino 1, infatti, ci saranno Deborah Serracchiani, Mauro Laus, Maria Cecilia Guerra e Stefano Lepri, mentre a di Torino 2 sono stati indicati Mauro Berruto, Francesca Bonomo, Nicolò Farinetto e Federica Sanna.
Fassino sotto la Mole meglio non farlo avvicinare, specie perché fu lì che si consumò una delle sue prime grandi profezie, quella del 2016, quando rimproverò ad una scalpitante politica grillina, Chiara Appendino, la colpa di muovere troppe critiche al suo operato di primo cittadino: "Mi auguro che un giorno lei si segga su questa sedia e vediamo se poi sarà in grado di fare tutto quello che ha oggi auspicato di poter fare". Un augurio diventato realtà il 19 giugno di quell'anno, quando la Appendino lo mandò a casa al ballottaggio con 54% dei voti.
Ma certo di profezie sbagliate Fassino ne ha snocciolate talmente tante che è difficile persino tenere il conto. Sui social sono nate addirittura delle community con decine di migliaia di iscritti che ne ricordano le gesta e si avventurano in battute, meme e sfottò di ogni genere. C'è chi ricorda quando nel 2018 dava per spacciato Matteo Salvini poiché "per vincere e governare serve il consenso degli Italiani", o chi rispolvera le sempiterne ultime parole famose rivolte a Beppe Grillo che, con la tessera del Pd in mano, voleva presentarsi alle primarie dei dem: "Se Grillo vuol fare politica, fondi un partito, metta in piedi un'organizzazione, si presenti alle elezioni, vediamo quanti voti prende. Perché non lo fa?"
Ma le profezie di Fassino, oltre a garantirgli una seconda giovinezza in termini di popolarità (certo, non quella auspicata), l'hanno anche trasformato in un uccello del malaugurio. Ormai chiunque venga menzionato da Fassino, trema. Successe a Jeremy Corbyn, leader del Partito Laburista britannico, elogiato da Fassino per la scelta di proporre un nuovo referendum anti-Brexit come base del suo programma di governo: "Scelta [il remain, NdR] corrispondente ai sentimenti di tanti inglesi e auspicata dalla maggioranza degli europei". Peccato che i britannici votarono in massa per il Partito Conservatore di Boris Johnson.
E che dire della, drammatica, profezia circa l'inizio dell'offensiva russa su larga scala contro l'Ucraina del 24 febbraio. Letteralmente una manciata d'ore prima, Fassino disse: "Non prevedo l'invasione. Sarebbe molto azzardato che i russi continuassero a spingersi oltre il Donbass, sarebbe una mossa disastrosa per loro stessi spingersi oltre un certo limite. La guerra si fa anche con la narrazione, ho detto 15 giorni fa che mi è sembrato che in quella dell'Occidente nel parlare di una guerra imminente si sia determinata un'enfasi eccessiva, nel momento in cui tutti stavamo a lavorando per una soluzione politica".
L'enfasi era talmente eccessiva che sei mesi dopo la guerra si sta ancora combattendo.
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