La parola "Nutriscore" compare nei programmi della maggior parte delle forze politiche. Dal centrodestra al Movimento 5 Stelle, passando per il Pd, la lotta al sistema di etichettatura nato in Francia, che con il suo meccanismo a semaforo basato sull'analisi dei nutrienti per 100 grammi di prodotto penalizza le eccellenze Made in Italy, è una delle poche cose che mette d'accordo tutti. O quasi. Sul capitolo dedicato all'Agricoltura del programma del Terzo Polo non c'è nessun riferimento, né positivo né negativo, al sistema ideato dal nutrizionista Serge Hercberg.
Nonostante persino Mario Draghi, un anno fa, abbia sottolineato in Parlamento "la gravità dell'introduzione del Nutriscore per la filiera produttiva agroalimentare italiana", per Azione e Italia Viva il contrasto all'etichetta a semaforo non sembra essere una priorità. In effetti, nel marzo del 2021 aveva fatto discutere non poco la posizione di Walter Ricciardi, responsabile della Sanità del partito di Calenda, meglio noto per essere il consigliere del ministro Speranza, che assieme ad un gruppo di scienziati europei firmò un appello per promuovere il Nutriscore. All'epoca a protestare fu anche Italia Viva, con la deputata Maria Chiara Gadda.
Nelle proposte per governare, oggi, l'argomento però viene evitato. Si fa riferimento, invece, ad un'altra etichetta a semaforo, importata sempre dall'altro lato delle Alpi. È l'eco-score, un progetto sperimentale lanciato in Francia nel 2021 per segnalare l'impatto ambientale dei prodotti. Calenda&Co vorrebbero introdurlo anche in Italia "facendo riferimento al ciclo di vita, il sistema di produzione, l'imballaggio, l'impatto legato ai trasporti, la riciclabilità degli imballaggi e il rispetto della biodiversità". Peccato che proprio in Francia si fossero sprecate le polemiche da parte di produttori locali e associazioni ambientaliste.
Nel mirino, in particolare, c'era la logica del "ciclo di vita" che, paradossalmente, avrebbe premiato gli allevamenti intensivi e le produzioni industriali, più brevi e quindi meno impattanti. Stesso discorso per l'agricoltura biologica, danneggiata per motivi analoghi. Il sistema decantato da Calenda, inoltre, in Francia non premia di certo il nostro export. Tra i fattori analizzati, infatti, c'è il trasporto e così i prodotti italiani finiscono per essere svantaggiati anche stavolta, proprio come con il Nutriscore. Un rischio, questo, evidenziato nei mesi scorsi anche dalla Camera di Commercio di Lione.
A chiedere chiarezza a Calenda è la deputata di Forza Italia, Maria Spena: "Il centrodestra si è battuto sia in Italia che in Europa contro la follia di un sistema di etichettatura che considera più salutari le patatine fritte dell'olio extravergine d'oliva e che creerebbe un grande danno al Made in Italy. Vorrei sapere qual è la posizione del Terzo Polo sul Nutriscore: quella espressa dal presidente Draghi, oppure quella di Walter Ricciardi, che firmava gli appelli all'Ue per l'adozione del meccanismo che boccia i simboli della nostra Dieta Mediterranea e danneggia in maniera irreparabile i nostri produttori?".
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